MISURA

Polano. In musica, nella teoria della composizione musicale, la misura, la battuta, è unità fondamentale. In architettura, la metrica, come in poesia, fonda l’arte stessa del costruire. Misura deriva dal greco antico metìri, a sua volta dal radicale indoeuropeo [MA], donde tra l’altro appunto misura, matematica, mese, metro e altri sostantivi di non poco tratto. Nell’architettura dell’informazione quale ruolo svolge la ‘misura’? È forse un analogo del rapporto ‘proporzioni-dimensioni’ di cui ha acutamente scritto?

Vignelli. Misura è ritmo, è modulazione, è articolazione del messaggio nelle sue componenti per facilitarne la lettura, è una serie di rapporti proporzionali tra l’insieme e il dettaglio. Essa non si ferma mai, assume forme diverse, tangibili e intangibili, tra cui l’abilità di non eccedere e di contenersi. È la misura che ci salva dall’arbitrarietà, che per sua natura è incommensurabile. Nell’architettura dell’informazione, misura è struttura, sostiene il messaggio e permette raffinati giochi visivi tra le parti. È il rapporto tra lo spazio bianco e quello occupato dal segno; è la tensione provocata dai contrasti di scala, tra l’estremamente grande e l’estremamente piccolo, tra l’urlo e il silenzio, in rapporti precisi, misurabili.
La misura, quando manca, è il vuoto assoluto, volgarità come forma di espressione. Misura come atto senza tempo, come opposto di arbitrarietà e come opposto dell’effimero, del caotico, del volgare.

Polano. Nella progettazione, si fa sempre attenzione a misure e proporzioni cercando, per quanto si può, di trascendere la soggettività. Ma quanto siamo veramente liberi da noi stessi per non lasciare tracce riconoscibili? Ogni forma, infatti, non è mai neutra e porta in sé unicità e appartenenza. Quanto dobbiamo tenere conto di questa imprescindibile realtà?

Vignelli. Verissimo, com’è anche vero che l’oggettività è, alla fine, la proiezione di una ricerca soggettiva… Amo la contraddizione e l’ambiguità, valori soggettivi, pluralistici di natura. Ma la mia tensione spasmodica è rivolta verso l’oggettività, la ricerca utopistica dell’essere perfetto, dell’essenza delle cose, senza incrostazioni personali. L’oggetto puro, la geometria pura: il quadrato, il cerchio, forme assolute non modificabili; non come il triangolo, figura eternamente soggettiva, senza un assoluto; e non parliamo dell’ellisse… È incredibile che, nell’universo delle forme, solo il quadrato e il cubo, il cerchio e la sfera sono immutabili, l’essenza stessa dell’oggettività, l’essenza stessa dell’Universo. Unicità e appartenenza – come il peccato originale – ce le portiamo addosso, senza possibilità di scrollarcene, ma in noi, sordi alla realtà, il desiderio di assoluto rimane come se fosse vero.

Polano. La parola ‘responsabilità’ significa dover dare delle risposte. Anche quando si progetta si cercano risposte, e ci si imbatte spesso in una situazione limite, in una sorta di soglia. Se da una parte ogni scelta sta alla base della libertà creativa, allo stesso modo quella stessa scelta chiede di tenere e dare conto. Sembrerebbe che oggi, in quella soglia, non ci si spinga più, nel senso che ci si tende a fermare su ciò che ormai si trova già precostituito, senza immaginazione né, tanto meno, consapevolezza. Lei ha spesso parlato della professionalità come di un’ossessione. La situazione sembrerebbe, in questo senso, addirittura peggiorata. Cosa può dire al riguardo?

Vignelli. Responsabilità, verso se stessi e verso gli altri. Responsabilità civile ed etica. Responsabilità professionale, verso il produttore e verso l’utente. Il malinteso sulla libertà individuale, derivato da un frainteso concetto di democrazia, ha eroso il senso di responsabilità e favorito gli interessi privati. In un mondo ossessionato dall’esosità, dal possesso indiscriminato, non meraviglia che la responsabilità abbia perso il ruolo di bilancio dell’economia dei valori. Questo principio è alla base di tutti i valori etici senza i quali la società e l’individuo hanno poche possibilità di crescere. Siamo ancora una volta di fronte ad un grande cambiamento storico, e la responsabilità è l’essenza di questo mutamento, senza percezione della quale non c’è ritenzione del suo significato profondo.

Polano. Uno degli aspetti fondamentali per esplorare un progetto è quello di chiedersi: ‘si può fare in un altro modo?’, innescando dubbi e andando in fondo alle cose fino a raggiungerne l’essenza. Con l’affermazione ‘design is one’, lei ha voluto sottolineare come un atteggiamento mentale metodologicamente consapevole debba sempre trovare un suo senso, pur applicandolo in contesti diversi; per capirci: dal cucchiaio alla città il disegno è uno. È un presupposto che dovrebbe riguardare non solo chi fa design anche perché, visto che viviamo immersi in forme create, chi progetta ha sempre a che fare con tanti altri interlocutori. Come interpreta oggi il rapporto tra etica ed estetica? Quando e quanto la forma riesce ancora a farsi portatrice, essa stessa, di contenuto?

Vignelli. Forma e contenuto sono assolutamente inseparabili. Niente meglio della forma riflette il pensiero o la sua mancanza. Sono i contenuti che hanno generato le vere forme della volgarità. Viceversa, altre forme rappresentano contenuti sublimi. È il cervello che qualifica la forma, la nostra cultura. Un sasso può essere bellissimo, non perché è un sasso, ma perché è trasformato dalla nostra cultura che ne può apprezzare l’aspetto esteriore. Esisterà sempre in forme diverse, alcune immutabili altre condizionate dai tempi. Mi ha sempre affascinato che la parola ‘etica’ faccia parte integrante della parola ‘estetica’. Non c’è un’estetica senza un’etica che le dia ragione di esistere, non può esserci un’estetica del male, perché il male non è un valore etico, ma sintetico. Uno stile può esistere perché non necessita di una essenza etica. Innumerevoli esempi nella storia ci ricordano stili senza un fondamento etico. A volte seducenti ma, come la seduzione, non necessariamente etici. Credo nel pluralismo, lo ritengo una condizione necessaria affinché possiamo approfondire le nostre opinioni, metterle a confronto e rinvigorire le nostre posizioni etico-culturali per poter meglio espandere le nostre convinzioni. Dal cucchiaio alla città? Certamente, il disegno è uno!

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