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Angelo Vianello intervista Jürgen Moltmann

Vianello. La religione appartiene al sacro, quindi a ciò che unisce l’umano al divino.
A suo parere, questo impulso dell’uomo deriva dalla consapevolezza delle sue fragilità e dalla ricerca di una consolazione alle sue paure, di cui la più grande è quella della morte, o c’è dell’altro?

Moltmann. La religione è la celebrazione dell’amore e della gioia per la vita. Tra le festività cristiane quella centrale è il Natale, che è il momento in cui Dio si fa bambino per noi e ci mostra l’origine della vita eterna. Cercando nella religione la consolazione alla nostra paura della morte, dovremmo, per superarla, ricordarci sempre del significato della nascita di questo bambino, che è appunto quello del principio dell’eternità.
Se fossimo eterni, cosa che in effetti siamo, è vicino a Dio che vorremmo stare dopo la nostra morte. La ragione del nostro essere religiosi sta proprio nella ricerca di trascendenza. Il legame che abbiamo con il divino è quindi l’accettazione dei limiti della nostra persona e della nostra vita, ed è in questo modo che Dio è alla base del nostro essere.

Vianello. Molte paure sono state ridimensionate dalla conoscenza che, in parte, ha contribuito ad allontanare alcune delle soluzioni proprie della religione: come potremmo pensare, in futuro, il legame tra scienza e fede?

Moltmann. Se è vero che abbiamo superato molte vecchie paure con le scienze mediche, è però anche vero che le paure moderne sono proprio il prodotto di scienza e tecnologia. Ricordiamoci di Hiroshima o di Chernobyl per i disastri nucleari, ricordiamoci delle manipolazioni genetiche per cui tanta gente teme il cibo geneticamente modificato, o ancora delle conseguenze dei cambiamenti climatici derivati da una eccessiva industrializzazione della nostra economia. Il legame tra fede e scienza dovrebbe riportarci a una scienza pura, ossia all’originaria consapevolezza di quel benessere che possiamo chiamare creazione o anche natura. Come esseri umani siamo infatti parte della creazione e della natura, e non solo un loro prodotto casuale.

Vianello. L’esperienza religiosa riguarda la nostra interiorità che, a proposito di legami, fa sempre i conti con altre fondamentali relazioni, quella con l’altro e quella con l’ambiente. Cominciamo con la prima, con il nostro rapportarci all’altro, che nella tradizionale società patriarcale non è solo lo straniero e il diverso, ma anche la donna, spesso confinata in una condizione subalterna e marginale. Cosa può dirci al riguardo?

Moltmann. La religione non riguarda solo la nostra anima, ma anche i nostri sensi; basti pensare al Natale, durante il quale ci sono sempre buon cibo e buone bevande, ma anche abbracci, affetto, calore. Le relazioni con le altre persone riguardano la nostra capacità di accogliere e di comprendere il valore della differenza. Se fossimo tutti uguali il mondo sarebbe monotono e senza interesse; solo se le persone sono diverse possiamo scoprire la bellezza della differenza e arricchire le nostre comunità. Mentre la donna nei Paesi occidentali non si trova in una condizione subordinata, lo è invece in larga parte del mondo, dove viene tenuta in posizioni marginali. Questa è una vergogna, una vergogna per l’uomo. L’uomo e la donna sono entrambi, allo stesso modo, immagini di Dio e ciascuno di essi dovrebbe sempre trovarsi in una comunità di persone che si basa sull’accettazione e non sul dominio.

Vianello. E nei confronti dell’ambiente? Tranne pochi esempi, tra cui spicca san Francesco, la natura è sempre stata considerata a nostra disposizione: se c’è un legame, sembrerebbe a senso unico…

Moltmann. Per un certo verso penso che la natura non sia mai stata considerata a completa disposizione dell’uomo, e che non lo sia neppure oggi. Il terremoto di Haiti, lo tsunami in Asia, le inondazioni in Pakistan, sono tutti fenomeni che ci dicono che siamo ancora nelle mani di forze naturali sconosciute.
È anche vero, per altro verso, che la natura dipende sempre più dalle azioni dell’uomo. Lo vediamo, per esempio, nel processo di desertificazione causato dai cambiamenti climatici. Esiste un legame? Un legame c’è se noi ci consideriamo parte della natura e non solo suoi predatori. In questa prospettiva penso che dobbiamo chiedere alla Terra di continuare ad accoglierci come una sua parte buona, cercando di vivere in armonia tra quello che troviamo fuori di noi e quello che sta dentro di noi, nel nostro corpo. Infatti, tutto ciò che facciamo per dominare quello che sta fuori, poi ce lo ritroviamo dentro noi stessi. Se invece imparassimo ad ascoltare il nostro corpo, impareremmo anche ad ascoltare ciò che la natura ha riservato per noi. Dovremmo imparare ad ascoltare di più, prima di parlare.

Vianello. Spesso, di fronte alle tante bruttezze a cui ogni giorno assistiamo, tendiamo ad auto-assolverci attribuendo ad altri la responsabilità di quel che succede. Farsi carico individualmente significa, invece, rinsaldare ogni giorno il legame che c’è tra ognuno di noi e la realtà che viviamo. Che ruolo hanno, in questo senso, concetti come quello di responsabilità o quello di libero arbitrio?

Moltmann. Più libertà raggiungiamo e più responsabilità abbiamo. Non si può chiedere a uno schiavo di essere responsabile, ma a una persona libera si può chiedere di essere responsabile per tutto quello che fa o che lascia accadere. La responsabilità non riguarda solo quello che facciamo, ma anche ciò che lasciamo accadere. La nostra irresponsabilità sta anche nel permettere che altre persone facciano ciò che vogliono, sebbene noi riteniamo tali azioni sbagliate. Non dovremmo lasciare che qualcuno continui a distruggere la Terra. Abbiamo la responsabilità di intervenire nelle questioni sociali, in politica, in economia… È certamente un impegno che richiede molta energia, altrimenti i nostri figli ci chiederanno: «Tu dov’eri? E cosa hai fatto?».

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