S/VELO

Tema del traditore e dell’eroe è un racconto di Jorge Luis Borges scritto nel 1944 «sotto la nota influenza di Chesterton (inventore ed esornatore di eleganti misteri)», come recita l’incipit, e incluso nella raccolta dello stesso anno Finzioni. Il testo si presenta come il soggetto di un racconto ancora da scrivere: perciò Borges lo definisce ‘tema’. Ma questo termine può essere inteso anche in senso metanarrativo e intertestuale, ed è ciò che farò, tentando per l’appunto di ricostruire la storia del tema letterario del traditore e dell’eroe.

«L’azione si svolge – scrive Borges – in un paese oppresso e tenace», che «per comodità narrativa» identifica nell’Irlanda del 1824. Il protagonista è il patriota Fergus Kilpatrick, ucciso a tradimento, verosimilmente dalla polizia inglese, pochi giorni dopo aver firmato la condanna capitale di un traditore «il cui nome è stato cancellato». A indagare sulla sua morte è, quando si avvicina il centenario dell’assassinio, il bisnipote Ryan, il quale sta scrivendo una biografia del prozio e scopre con inquietudine, per cominciare, che tutta la storia presenta impressionanti analogie con quella della morte di Cesare e con il Macbeth di Shakespeare. Ryan è inoltre stupito dal fatto che Kilpatrick avesse deciso una condanna a morte, il che non corrisponde alle sue «abitudini compassionevoli», e cercandone le ragioni giunge allo svelamento dell’enigma. Kilpatrick aveva incaricato il compagno James Alexander Nolan di smascherare un traditore. Nolan aveva scoperto e provato che il traditore era lo stesso Kilpatrick, il quale era stato condannato a morte dal consiglio rivoluzionario di cui era presidente e aveva firmato la propria condanna, implorando che questa non pregiudicasse la causa della libertà irlandese. Per soddisfare la richiesta, Nolan aveva suggerito che l’esecuzione della condanna fosse mascherata da vile assassinio politico e composto, plagiando per mancanza di tempo il Giulio Cesare e il Macbeth, il copione che avrebbe trasformato, con il suo consenso, il traditore in eroe. Ryan decide di tener nascosta la scoperta e scrive per finire una biografia del prozio che conferma ed esalta la sua statura eroica.

Il testo di Chesterton di cui Borges riconosce l’influenza è certamente All’insegna della spada spezzata, il più bello degli episodi della serie di padre Brown, pubblicato nel 1911. «Dove un uomo saggio potrebbe nascondere una foglia?» domanda il prete poliziotto all’inizio del racconto. «Nella foresta» gli risponde l’amico e assistente Flambeau. I due sono in visita alla tomba del generale inglese Arthur St. Clare, impiccato – con la propria spada spezzata appesa al collo – dal generale brasiliano Olivier, verosimilmente durante la rivoluzione brasiliana del 1889. St. Clare era stato catturato dopo un eroico ma temerario attacco contro Olivier, condotto con forze decisamente insufficienti. Come sempre nei suoi racconti, padre Brown è insospettito da qualcosa di strano nella storia, qualcosa che non quadra. St. Clare era un generale assennato: perché ha attaccato il nemico sapendo che sarebbe stato sconfitto? Olivier era magnanimo e di solito liberava i prigionieri: perché ha fatto impiccare St. Clare? (Il riferimento di Borges alle «abitudini compassionevoli» di Kilpatrick, che renderebbe incongruo il fatto che egli abbia firmato una condanna a morte, è una maldestra e irrealistica ripresa di questo dettaglio.) La soluzione dell’enigma che infine padre Brown rivela a Flambeau è che St. Clare era in realtà un traditore. Smascherato da un tale, lo aveva ucciso con un colpo di spada. Ma la spada si era spezzata e la punta era restata nel corpo del morto. Per nascondere quel cadavere e la prova del suo crimine, come il saggio che nasconde una foglia nella foresta, St. Clare aveva condotto i suoi uomini al massacro nel luogo dove aveva compiuto l’omicidio. Gli inglesi superstiti, tra cui lo stesso St. Clare, presi prigionieri da Olivier, erano stati liberati, ma uno di loro aveva scoperto il tradimento di St. Clare e concordi lo avevano impiccato. Quasi sempre padre Brown, per pietà o opportunità, non denuncia il criminale che ha smascherato. Anche questa volta decide di tacere. St. Clare resterà un eroe, Olivier l’autore di un’ignominia.

Il racconto di Chesterton sfiora la perfezione nel suo mirabile gioco di simmetrie. Su una sorta di carré sémiotique dove si incrociano l’asse tradimento/eroismo e l’asse essere/apparire, eroe e traditore si scambiano per effetto dello svelamento poliziesco i ruoli e li riprendono quando il velo viene rimesso. Borges impoverisce e al tempo stesso arricchisce il suo modello: il doppio movimento tra apparenza e verità si riduce all’apparire eroe di un traditore; in compenso il traditore, accettando la pena e collaborando alla messa in scena, si riscatta e compie un atto di vero eroismo. Il tema del traditore e dell’eroe è in realtà, in Borges, il tema del traditore-eroe.

Anche l’ambientazione irlandese del racconto borgesiano merita attenzione. Nel 1935 Borges aveva visto e recensito su «Sur» The Informer (Il traditore), il film che John Ford in quello stesso anno aveva ricavato dal romanzo omonimo di Liam O’Flaherty, il quale narra di un tradimento nell’Irlanda del 1922 e dell’esecuzione del traditore, il cui nome, Nolan, verrà ereditato da uno dei personaggi del Tema. Nel romanzo, ambientato durante la guerra civile, Nolan tradisce i compagni dell’IRA denunciandoli alle legittime autorità irlandesi, mentre lo sceneggiatore di Ford, Dudley Nichols, modifica il soggetto facendo sì che li denunci agli inglesi, senza però retrodatare la vicenda e producendo un anacronismo, perché nel 1922 gli inglesi se n’erano già andati dall’Irlanda. Probabilmente Borges non se n’era accorto (nella recensione per «Sur» dice di non aver letto il romanzo); resta tuttavia che nel quadro della guerra civile il tradimento di Nolan e l’eroismo dell’IRA sono più ambigui di quanto appaiano nel film di Ford. Questa ambiguità è del resto il riflesso della drammatica ambiguità assiologica che caratterizza quell’oscuro periodo della storia irlandese. Tra Michael Collins, che ottenne dall’Inghilterra un’indipendenza dimezzata e represse violentemente la rivolta dei compatrioti delusi, ed Eamon De Valera, che fu tra i capi della rivolta e, dopo essere stato accusato (senza prove) di essere il responsabile dell’uccisione di Collins, divenne infine il padre della repubblica nata anche dal compromesso da lui accettato, chi fu il traditore e chi l’eroe? È vero che nel suo racconto Borges parla di una cospirazione del 1824 (che sembrerebbe preludere alla vittoria elettorale di Daniel O’Connell nel 1828 e al Catholic Emancipation Act del 1829), tuttavia l’indagine poliziesca di cui riferisce si svolge nell’imminenza del centenario di quella cospirazione, dunque all’inizio degli anni Venti. Non so se Borges abbia fatto calcoli cronologici, ma la decisione di Ryan di scrivere la biografia del prozio potrebbe avere una finalità politica nel contesto della rivoluzione; la decisione finale di non svelarne il tradimento potrebbe collocarsi invece nel contesto della pacificazione che dalla fine del 1923 seguì la guerra civile.

Nel 1970 Bernardo Bertolucci ricava dal Tema di Borges il film La strategia del ragno, ambientato in Italia durante la Resistenza; nel 1971 Sergio Leone usa il canovaccio come elemento della sceneggiatura di Giù la testa (Bertolucci era stato uno degli sceneggiatori del suo precedente film, C’era una volta il West, del 1968: chissà che non sia stato proprio lui a parlargli del racconto). Questa volta lo scenario è il Messico del 1916 e il traditore-eroe è l’intellettuale rivoluzionario Villega, che tradisce sotto tortura e viene poi costretto a gettarsi con una locomotiva contro un treno di militari, atto eroico che, in maniera canonicamente borgesiana, coincide con la sua esecuzione. Passerà alla storia come l’eroe di cui la rivoluzione ha bisogno, mentre il brigante Juan Miranda, che ha acquistato una coscienza politica e che è il vero eroe della vicenda, resterà nella memoria come un brigante. Come se non bastasse, Miranda compie la sua evoluzione ideologica e morale sotto l’influenza dell’amico Sean Mallory, un rivoluzionario irlandese amareggiato perché in patria ha giustiziato un amico che si è macchiato di tradimento politico (e, nei suoi confronti, amoroso), come si evince da alcuni flash-backs in cui la rivoluzione irlandese è tematizzata direttamente.

La storia del tema del traditore e dell’eroe si conclude per quanto ne so nel 1972, con la variazione virtuosistica, in cui i principali elementi delle precedenti variazioni si combinano armoniosamente, costituita da un episodio appartenente alla serie a fumetti ‘Corto Maltese’ di Hugo Pratt, Concerto in O minore per arpa e nitroglicerina. Siamo ancora in Irlanda intorno al 1920, durante la rivoluzione, tra brume che sembrano uscite direttamente dal Traditore di Ford. L’eroe Pat Finnucan è stato fucilato dall’odiato O’Sullivan, un irlandese che si è arruolato con gli inglesi, e il Sinn Fein, nel cui seno stavano sorgendo dei conflitti, dopo la sua morte ha ritrovato l’unità. Il finale del racconto svela che Finnucan era in realtà un traditore ma, poiché «rappresentava l’eroe nazionale» e «il simbolo della lotta contro la corona», l’IRA aveva deciso di giustiziarlo facendo credere che fosse stato fucilato dagli inglesi. Il vero eroe era dunque O’Sullivan, che aveva ‘tradito’ a questo scopo (e per di più, dopo essere stato smascherato dagli inglesi, muore da eroe). Pratt, oltre all’ambientazione irlandese, sembra accogliere da Borges (o da Leone?) la chiara motivazione politica del velo rimesso sull’amara verità, recuperando però direttamente da Chesterton, e perfezionandola, la simmetria tra il traditore-eroe e l’eroe-traditore. Da Chesterton (e forse in parte da Leone) proviene anche il clima di disincanto etico che pervade il racconto: «È una storia triste e sordida» dice a un certo punto Sean Finnucan, fratello di Pat; «È un’orribile storia» dice Flambeu a padre Brown, che precisa: «Voi siete pieno di pensieri puri e buoni. Accadde peggio ancora». La novità nel racconto di Pratt è che in esso il vero eroe è tale proprio perché si sacrifica accettando il ruolo di traditore: il nostro tema vi è declinato con particolare attenzione, più che al traditore-eroe, all’eroe-traditore, trascurato da Chesterton e cancellato da Borges. Sullo sfondo, tuttavia, c’è forse un altro racconto di Borges, Tre versioni di Giuda, come il Tema scritto nel 1944 e incluso in Finzioni, nel quale un teologo teorizza che Giuda il traditore, per collaborare all’opera della salvezza, «rinunciò all’onore, al bene, alla pace, al regno dei cieli, come altri, meno eroicamente, rinunciano al piacere».

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